L’Anestesia nel paziente miastenico

Aggiornato al Settembre 2011

Dr. Paolo Gritti 1 e  Dr. Manlio Sgarzi,2

1          IV° Servizio di Anestesia e Rianimazione,

2          Neurologia

Dipartimento di Neuroscienze, Ospedali Riuniti di Bergamo.

PREMESSA

Qualsiasi testo di Anestesia e Rianimazione dedica almeno un capitolo alla gestione e al trattamento del paziente affetto da Miastenia Gravis. Questa tipologia di paziente, per le peculiarità intrinseche della patologia da cui è affetto, lancia da sempre una sfida all’anestesista, una sfida che nel corso degli anni si è giocata sia in sala operatoria che in Terapia Intensiva.

Recentemente è stato dimostrato un aumento dell’incidenza della Miastenia Gravis  non solo nella popolazione giovane ma sopratutto negli anziani ove la diagnosi è a volte più difficile [1-2].

Diviene fondamentale quindi considerare sempre questa eventualità nella valutazione preaneasesiologica di un paziente con sintomatologia suggestiva. Qualora sussista questo sospetto il coinvolgimento del Neurologo e opportuni test preoperatori divengono indispensabili prima di qualsiasi  intervento chirurgico.

 

INTRODUZIONE

La Miastenia Gravis, così definita nel 1895 da Jolly, è una patologia autoimmune tra le più studiate. Può essere definita come una malattia immunomediata della giunzione neuro-muscolare causata da anticorpi specifici (Ab) contro i recettori dell’Acetilcolina (AchR). Il risultato è la riduzione del numero di recettori dell’acetilcolina a livello della placca motrice con conseguente debolezza muscolare che può interessare la muscolatura oculare, bulbare, articolare e respiratoria di grado e intensità fluttuanti.

Considerazioni Anestesiologiche

Preoperatorie Quando la sintomatologia muscolare degenera può subentrare la cosiddetta crisi miastenica durante la quale il paziente è a rischio di sviluppare insufficienza respiratoria, complicanze cardiache e sepsi con esiti spesso gravi. Una crisi miastenica in genere interessa almeno il 15-20% dei pazienti miastenici e normalmente si verifica nei primi due anni dall’insorgenza della Miastenia Gravis. Tra le cause scatenanti la crisi miastenica è presente la chirurgia, l’anestesia, le variazioni della somministrazione della terapia, lo stress, condizioni spesso presenti nel periodo perioperatorio oltre a polmoniti da aspirazione o infezioni delle vie respiratorie.[8]

Una delle regole fondamentali nell’ approccio del paziente miastenico da sottoporre ad intervento chirurgico in elezione diviene quindi affrontare il momento critico dell’atto chirurgico nel periodo in cui la malattia è sufficientemente compensata dalla terapia in atto e sfruttare se possibile la miniinvasività chirurgica e tecniche anestesiologiche  “farmacologicamente meno aggressive”. La nostra esperienza maturata con i pazienti affetti da Miastenia Gravis sottoposti a intervento di Timectomia per via toracoscopica (Video-Assisted-Thoracoscopic-Extended-Thymectomy:VATET) ci ha  anche insegnato quanto sia importante il lavoro preparatorio di un team di esperti, non solo Anestesisti e Chirurghi, ma sopratutto Neurologi, Pneuomologi ed Ematologi. Cogliere quindi il momento giusto non è mai importante quanto nel paziente miastenico e questo avviene grazie e soprattutto alla valutazione preoperatoria del paziente.

La Valutazione Neurologica Preoperatoria

Rispetto alla valutazione clinica per un qualsiasi intervento chirurgico il  paziente Miastenico deve essere sottoposto un’approfondita valutazione neurologica preoperatoria. Essa mira a stimare il grado di severità della malattia, il compenso neurologico e a ottimizzare la terapia approntata. La classificazione utilizzata per quantificare la gravità della patologia è stata per molti anni quella di Osserman [3], oggi modificata e così proposta dalla Myasthenia Gravis Foundation of America (MGFA) [4]:

La nostra esperienza ci ha indotto a integrare alla MGFA  un ulteriore esame clinico neurologico,  attribuendo in base al grado di esecuzione di una serie di prove, convalidate dal MGFA (Myasthenia Gravis Foundation of America), un punteggio la cui somma definisce il grado di compenso del paziente [4].

Di questa valutazione uno dei punti più importanti contempla il grado di compenso della muscolatura orofaringea che ai fini ultimi determinerà l’avvio o meno del paziente all’intervento. Se la muscolatura bulbare non è in ottimale compenso nel preoperatorio potrebbe a seguito dello stress legato all’ intervento chirurgico stesso peggiorare ulteriormente ed esitare in un’ostruzione delle alte vie aeree. Inoltre è noto che dopo l’interessamento della muscolatura orofaringea sopraggiunge non infrequentemente l’affaticamento della muscolatura respiratoria con le relative conseguenze [4].

 

Esame Muscolatura Orofaringea
Masticazione Normale 

Ipostenia del massetere contro contrasto

Ptosi della mandibola

1000

2000

Lingua Normale 

Non spinge validamente contro la guancia

Non supera l’arcata dentaria

 

1000

2000

Deglutizione Normale 

Disfagia per cibi solidi

Deglutizione impossibile

1000

2000

Fonazione Normale 

Rinolalia lieve

Rinolalia grave ma comprensibile

Inintelligibilità del linguaggio

1000

2000

3000

 

Nessun paziente viene sottoposto ad intervento senza il benestare del Neurologo che può provvedere qualora riscontri un paziente con inadeguato compenso neurologico a procastinare l’intervento, predisponendo in accordo con l’Ematologo, sedute di plasmaferesi, somministrazione di immunoglobuline oppure programmando il decorso post-operatorio in accordo con l’Anestesista nel ambiente protetto della Terapia Intensiva.

Esami di routine ed esami specifici: Le prove di Funzionalità Respiratoria

Quando si decide che il paziente può essere avviato all’intervento chirurgico, vengono effettuati i comuni accertamenti preoperatori ematochimici, Rx torace, ECG, e a seconda dei casi Ecocardiografia, TC o RM torace, quando ve ne sia la necessità.

Di particolare importanza sono le prove spirometriche, i valori ematochimici ricavati dal prelievo arterioso eseguito in aria ambiente e la una valutazione clinica Pneumologica del grado di funzionalità respiratoria.

Attraverso questi test l’Anestesista e il Pneumologo, possono decidere se programmare il decorso post-operatorio in reparto di degenza, o in Unità di Terapia Intensiva.

Emogasanalisi e Test Spirometrici

 

Riassumiamo di seguito alcuni punti fondamentali nella valutazione anestesiologica preoperatoria:

– Il management preoperatorio del paziente e il decorso è fortemente condizionato dalla tecnica chirurgica (mininvasiva o sternotomica) e dal tipo di anestesia (impiego curari).

– Fondamentale è la valutazione Neurologica preoperatoria che da un indicazione del grado di compenso neurologico e ottimizza la terapia.

– La plasmaferesi e le immunoglobuline possono migliorare le condizioni preoperatorie di un paziente in precario compenso.

– E’ necessario prestare particolare attenzione alla capacità del paziente di proteggere e mantenere pervie le vie aeree (miastenia bulbare).

– Test di funzionalità respiratoria (in particolare la capacità vitale forzata e le curve di pressione inspiratoria ed espiratoria massimale) possono quantificare la forza dei muscoli respiratori e dare un’idea della necessità di supporto ventilatorio postoperatorio.

– Per i miastenici che ricevono già un trattamento immunosoppressore (corticosteroidi, azatioprina, ciclofosfamide), le dosi dei farmaci non devono essere modificate nel preoperatorio per il rischio di scatenare una poussèe della malattia.

– Premedicare con ansiolitici, sedativi o oppiodi è sconsigliato, specie nei pazienti con riserva respiratoria limitata [2].

– Nella nostra esperienza generalmente sospendevamo la sera prima dell’intervento la terapia farmacologia anticolinesterasica, i pazienti non venivano premedicati, ovvero la preanestesia non veniva praticata e la ripresa della terapia farmacologica veniva ripresa nel postoperatorio dopo un attenta rivalutazione postoperatoria da parte del Neurologo[5].

L‘Anestesia

Le misure di sorveglianza in una sala operatoria sono le stesse usate per qualunque anestesia in quanto dipendono solo dal tipo di chirurgia e dalle patologie associate. Fa eccezione, soprattutto  se si prevede una curarizzazione, il monitoraggio elettromiografico o meccano miografico che nel paziente miastenico è indispensabile.

Monitoraggio elettromiografico

L’induzione si realizzerà dopo preossigenazione e somministrazione di ipnotico e analgesico: diverse sono le tecniche anestesiologiche proposte benché nessuna si sia dimostrata superiore all’altra [2]. L’intubazione generalmente può essere effettuata in due modi: con l’impiego di curari a dosaggio modificato per la miastenia e con controllo intraoperatorio meccanomiografico, oppure con l’impiego dei soli ipnotici ed eventualmente aggiunta di vapori, evitando quindi curari ma al contrario impiegando anestetico locale che verrà spruzzato sulle corde vocali e in trachea. L’intubazione sarà facilitata in quasi tutti i casi, per l’effetto adiuvante fornito dai sedativi e alagesici usati per l’induzione  e la tendenza alla miorisoluzione del paziente miastenico [9].

I Farmaci dell’Anestesia

Numerosi sono i farmaci utilizzati in anestesia in grado di interferire con la trasmissione neuromuscolare: un loro uso improprio può condurre ad un peggioramento della sindrome miastenica sino alla depressione respiratoria. Il meccanismo d’interferenza dei farmaci sulla trasmissione neuromuscolare non è univoco e la stessa molecola può avere più punti d’interazione sulla trasmissione neuromuscolare. In maniera schematica l’effetto può avvenire sia sul versante presinaptico della giunzione neuromuscolare, interferendo con i movimenti del calcio, abbassando la conduzione dei canali ionici sinaptici e riducendo la sintesi o la liberazione di acetilcolina, che sul versante post-sinaptico con una desensibilizzazione o un blocco del recettore. Benché sia lunga la lista dei farmaci che sono in grado di alterare la trasmissione neuromuscolare prenderemo in considerazione solo quelli strettamente usati in ambito anestesiologico. Per alcuni farmaci il rischio è formale, ovvero dimostrato e costante, per altri è relativo, cioè dimostrato ma debole ed incostante, per altri ancora è solo potenziale, cioè teorico e senza incidenti clinici.

Risposta ai farmaci Anestetici

Curari

Sono i farmaci potenzialmente più pericolosi tra quelli utilizzabili nel miastenico.

Curari depolarizzanti (Succinilcolina). Sono teoricamente utilizzabili nelle miastenie non trattate farmacologicamente, anche se in alcuni casi si può verificare una relativa resistenza. Durante un trattamento con anticolinesterasici o plasmaferesi recente, il loro impiego diventa aleatorio ed i loro effetti imprevedibili con un elevato rischio di instaurare una curarizzazione prolungata per blocco di II tipo, che impiega molto a regredire. In effetti studi elettromiografici hanno dimostrato che la risposta alla succinilcolina è difficile da prevedere in corso di miastenia, sia essa trattata o meno. Per queste ragioni è opportuno astenersi dall’utilizzare la succinilcolina in presenza di una miastenia.

Bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti. Il paziente miastenico è tipicamente sensibile a curari non depolarizzanti, l’uso di piccole dosi come priming o previo uso di curari depolarizzanti è da evitare perché potrebbe risolversi in una perdita della protezione delle vie aeree e in un distress respiratorio equivalente a quello indotto da normali dosaggi nel soggetto sano. Nel soggetto miastenico sono consigliati dosaggi 4-8 volte inferiori, tuttavia, a causa dell’evoluzione molto differente della malattia da un individuo all’altro, della disparità dei gruppi muscolari interessati e della possibilità di un potenziamento con i farmaci associati, non può essere enunciata alcuna regola precisa e l’impiego dei curari non depolarizzanti in corso di miastenia impone in maniera assoluta il monitoraggio della curarizzazione. Sensibilità ai curari non depolarizzanti è stata descritta nei pazienti con minima compromissione (sintomi oculari), in quelli con apparente remissione o in quelli con miastenia non ancora diagnosticata. Curari a lunga durata d’azione come la d-tubocurarine, il pancuronium, il pipecuronium e il doxacurium è meglio siano evitati. Curari a media e breve emivita possono essere impiegati con estrema attenzione e con il monitoraggio della trasmissione neuromuscolare, preferibilmente con un Elettromiografia (EMG) o meccanomiografia (MMG) che misuri la risposta elettrica o meccanica allo stimolo del nervo periferico. Benchè in letteratura siano riportati dosaggi personalizzati (es.Vecuronio da 0,005 a 0,03 mg/Kg; atracurio 0,1 mg/kg ecc [6,7] ) esiste un’ampia variabilità di risposta da paziente a paziente ed è difficile prevederne la durata e l’effetto anche con curari di breve emivita come il mivacurium e il cisatracurium. Nel primo caso si segnala un prolungato effetto del curaro dovuto all’inibizione provocata dalla Piridostigmina, che inibisce il metabolismo del mivacurium. Nel secondo vengono riportate casistiche in cui si segnala il rapido onset del cisatracurium e il più prolungato effetto curarizzante.

La nostra esperienza confermata anche da recenti studi in proposito ci ha insegnato che sebbene l’impiego dei curari sia possibile mediante un monitoraggio adeguato, raramente il loro impiego è indispensabile nel paziente miastenico.[5]

Reversione dall’ effetto del curaro: il Sugammadex

Recentemente è stato introdotto in anestesia un nuovo farmaco il Sugammadex,  in grado di legarsi ai curari non depolarizzanti steroidei, in particolare al rocuronio ma anche al vecuronio.

L’effetto del Sugammadex è quello di “imbrigliare” le molecole di curaro attive rendendole di fatto inefficaci e di fatto convertire un blocco neuromuscolare provocato da vecuronio, rocuronio o pancuronio in breve tempo (2 minuti).

Non essendoci di fatto degli effetti sul recettore dell’acetilcolina e sugli enzimi anticolinesterasici l’uso di questo farmaco è stato visto con grande interesse soprattutto nel paziente miastenico. Sebbene allo stato attuale siano ancora pochi i dati in merito all’utilizzo del Sugammadex e prevalentemente su singoli “case reports”, i risultati sembrano essere incoraggianti soprattutto quando si impone la necessità di antagonizzare  curari somministrati in pazienti miastenici in situazioni di emergenza o nel caso di difficoltà all’estubazione causate dall’impiego di curari intraoperatoriamente [9,10].      

Agenti Anestetici per via venosa
I barbiturici come l’etomidate nell’animale da esperimento aumentano moderatamente il blocco neuromuscolare indotto dai curari non depolarizzanti, senza allungarne la durata. Nell’uomo sono state osservate poche modificazioni. In effetti è stato possibile dimostrare che questi farmaci aumentano la quantità di Acetilcolina liberata a livello presinaptico, ma diminuiscono la sensibilità della membrana postsinaptica. Questi due effetti bilanciandosi non determinano alcuna modificazione del blocco neuromuscolare. La ketamina e la propanidide determinano ugualmente una desensibilizzazione della membrana postsinaptica, ma non favoriscono la liberazione di acetilcolina. I loro effetti determinano più che altro un aggravamento del blocco neuromuscolare. Il Propofol ha il vantaggio teorico di una breve durata d’azione senza alcun effetto sulla trasmissione neuromuscolare. I morfinomimetici alle dosi abituali non interferiscono con la trasmissione neuromuscolare e possono essere impiegati senza rischi per l’anestesia dei miastenici anche se si deve considerare il pericolo per accumulo di un aggravamento della depressione respiratoria. Il remifentanil per la breve emivita (9,5 minuti) potrebbe essere considerato l’analgesico ideale [5,6]. L’utilizzo delle benzodiazepine nella miastenia è sconsigliato e per alcuni autori è formalmente controindicato; tuttavia questa esclusione sembra essere eccessiva. Le loro azioni a livello della trasmissione neuromuscolare sono relativamente modeste e paragonabili a quelle dei barbiturici. Le proprietà nefaste delle benzodiazepine sono quelle miorilassanti, effetto legato al potenziamento a livello midollare dell’azione inibitrice del GABA sul tono muscolare ma non sulla trasmissione neuromuscolare. L’impiego delle benzodiazepine durante la miastenia è dunque possibile con prudenza e diminuendone il dosaggio [6,7]. Il droperidolo non ha alcun effetto documentato sulla trasmissione neuromuscolare mentre le fenotiazine sembrano interferire con la trasmissione neuromuscolare per effetto di desensibilizzazione postsinaptica.

Anestetici per via Inalatoria

Farmaci anestetici alogenati Gli agenti anestetici alogenati possono tutti deprimere la funzione delle unità motrici muscolari. Questo effetto può essere importante e verificarsi a più livelli: effetto depressore centrale, effetto stabilizzante della membrana con diminuzione della conduttanza dei canali del calcio e soprattutto effetto depressore sul funzionamento della membrana postsinaptica. Non sembrano avere un’azione diretta sui recettori dell’Ach. In pratica, essi determinano un blocco non depolarizzante, con effetto più marcato nel caso dell’alotano piuttosto che dell’enflorano o del’isofluorano. Nei soggetti indenni da miastenia, permettono di diminuire dal 25% al 50% il bisogno del curaro, mentre nei pazienti miastenici determinano spesso una miorisoluzione accettabile per tutta la durata dell’intervento chirurgico. Se il protossido d’azoto non ha alcun effetto documentato sulla trasmissione neuromuscolare e può essere utilizzato in questo tipo di pazienti senza alcuna precauzione, l’isofluorano riduce T1 e il train of four, rapporto T1 su T4 con un effetto di miorisoluzione due volte maggiore dell’alotano. L’enfluorano invece può comportare miorisoluzione con un effetto di vario grado e fortemente dipendente dalla gravità della miastenia. Il sevofluorane al 2,5% deprime la risposta elettromiografica con un T1/Tc del 47% e T4/T1 al 57% tanto da essere stato impiegato in alcune timectomie effettuate per via transternale sia come vapore anestetico che come miorilassante [3]. E’ stato recentemente dimostrata una risposta analoga anche per il desflurane, vapore con bassa solubilità e rapido washout, in grado di ridurre le richieste di curaro per le intrinseche proprietà di miorisoluzionee e accelerare i tempi di  risveglio grazie alla rapida eliminazione [5].

Anestetici Locali. Si comportano tutti come agenti bloccanti i canali rapidi degli ioni, deprimendo la propagazione della trasmissione nervosa, la liberazione di Ach, la sensibilità della membrana postsinaptica e l’eccitabilità della cellula muscolare. Gli anestetici locali inoltre aumentano il blocco neuromuscolare di tutti i curari non depolarizzanti e sembrano capaci di diminuire la trasmissione neuromuscolare della miastenia [2, 3]. Anestesie locoregionali o locali dovrebbero essere praticate utilizzando dosi ridotte di anestetici locali “amidici”; gli anestetici con gruppo “estereo” (procaina, tetracaina), per altro già largamente in disuso, non dovrebbero essere impiegati in miastenici trattati con anticolinesterasici, in quanto metabolizzati dalle colinesterasi plasmatiche, con un aumentato tasso sierico e con esso incremento degli effetti tossici. E’ sconsigliato il blocco dell’innervazione dei muscoli intercostali per il rischio di debolezza respiratoria mentre recentemente sono stati riportati casi di anestesia peridurali in timectomie transternali. Il vantaggio che la “blended anestesia”comporta nel miastenico è legato alla minor quota di farmaci impiegati intraoperatoriamente, alla relativa facilità della tecnica e al miglior controllo del dolore post-operatorio evitando l’impiego di oppiacei [4, 5].

Il Periodo Post-Operatorio

Al momento della pubblicazione delle prime grandi serie di timectomie era stata registrata una mortalità operatoria dell’ordine di 10-30% (casistiche degli anni ‘40- ‘60). Negli anni a venire grazie ai progressi chirurgici, a nuove terapie mediche, alla preparazione anestesiologica e all’impiego di nuovi agenti anestetici oltre che alla possibilità di assistenza postoperatoria in Unita di Terapia Intensiva si è assistito alla riduzione di mortalità e morbilità post operatorie (inferiore al 1% o nullo) [2, 3]. Oggi molte équipes realizzano l’estubazione in sala di risveglio o in rianimazione da 30 minuti a 2 ore dopo l’intervento qualora siano presenti i criteri di estubazione validi per qualunque malato: riscaldamento, stato di coscienza normale, spirometria soddisfacente, corretta forza muscolare, normali gas nel sangue. Il problema è che purtroppo per alcuni malati (in studi non recenti addirittura un terzo dei pazienti risulta necessario prolungare la ventilazione oltre le 24 ore [8]. La ripresa del trattamento anticolinesterasico postoperatorio è necessaria anche nel paziente sottoposto a timectomia. In questo caso infatti la vita media degli anticorpi anti R.Ach è probabilmente più lunga ed i malati che andranno incontro ad una remissione completa ne vedranno i benefici solo dopo molti mesi. Tuttavia esiste un periodo di durata variabile (da qualche ora a due giorni) in cui non vi è bisogno del trattamento, anzi i pazienti possono essere più sensibili agli anticolinesterasici [3]. La ripresa della terapia è variabile, alcuni ricominciano al risveglio, sia con metà dose che con una dose normale anche se sono documentate riprese più tardive (dalle 24 alle 72 ore) [3].

Il Tempo Intraoperatorio: Quello che avviene in sala Operatoria

Monitoraggio – Il paziente viene monitorizzato con Elettrocardiogramma a cinque derivazioni, pressione arteriosa invasiva all’arteria radiale di destra (posizionata dopo l’induzione dell’anestesia), end-tidal C02 (EtCO2), analisi dei gas espirati (Primus Dräger Werk HG Lubeck, Germany). Vengono incannulate due vene periferiche, una di medio-grosso calibro (17-16 GA) per l’infusione di liquidi e una riservata all’infusione dei farmaci. Il catetere venoso centrale è utilizzato solo se l’anestesista lo ritiene necessario (necessità di misurare PVC in pazienti cardiopatici e in previsione d’infusione di catecolamine). Viene applicato poi al pollice di sinistra il trasduttore di accelerazione (TOFWatch®SX Organon Ireland Ltd) come monitoraggio della trasmissione neuromuscolare per accelero-miografia e misurata la temperatura cutanea con la sonda dello stesso sistema (la temperatura deve risultare > di 32°C).

Induzione, Intubazione e Mantenimento

L’Anestesia al pari della Chirurgia in questi ultimi anni ha operato notevoli progressi: nuovi farmaci come, Sevorane,Desflurane, il Propofol, il Mivacron, il Cisatracurio che per la loro maneggevolezza e ridotti effetti collaterali hanno sostituito i vecchi barbiturici, i gas e i curari a più lunga emivita rendendo più sicuro 1’ approccio al paziente miastenico [1-7]. Gli studi raccolti in letteratura e in parte citati e l’esperienza maturata sul campo ci hanno indotto ad abbracciare al pari della chirurgia un atteggiamento di “Miniinvasività Anestesiologica” o meglio di minima “Aggressione Farmacologica” al paziente affetto da Miastenia. Il nostro attuale orientamento è rivolto a prediligere farmaci di recente introduzione quali Propofol e Remifentanil,l’anestesia totalmente endovenosa (TIVA) secondo ancor più recenti modalità di infusione (TCI al sito d’effetto o a concentrazione plasmatica) il Sevorane o Desflurane se si sceglie di utilizzare un anestesia bilanciata con gas. Questi farmaci sono accumunati da un’ alta maneggevolezza da un rapido wash-in, da bassa emivita, e quindi altrettanto rapido wash-out con rapida eliminazione e minimi effetti collaterali. L’intubazione avviene senza impiego di curari a paziente sedato con Propofol e Remifentanil, mediante anestesia locale impiegando 10 cc di lidocaina cloridrato 2% che viene nebulizzata sulle corde vocali e in trachea attraverso un apposito kit (Laringotracheal Anaesthesia Kit Portex®) ed utilizzando un tubo bilume Carlens®. Il corretto posizionamento del tubo viene confermato dall’obiettività auscultatoria, dalle prove di esclusione e successivamente dalla fibro broncoscopia (Fig 1).

 

 

Nella tecnica con Remifentanil e Propofol ad obiettivo di concentrazione plasmatica (TCI) i farmaci sono infusi attraverso un elaborato sistema di pompe, il Sistema Orchestra ® Base Primea (Fresenius), dotato in se di un software con una biblioteca di farmaci e modelli farmacocinetici convalidati da studi. Questa tecnica infusionale permette di calcolare attraverso modelli farmacocinetici ricavati da studi clinici, profili di flusso ottimali per raggiungere la concentrazione prestabilita del farmaco al sito di effetto (cioè a livello cerebrale) o a livello plasmatico. Diversi studi clinici hanno confermato come tale modalità di somministrazione possa migliorare il livello di controllo dell’anestesia, adattarla ai cambi chirurgici, dosare meglio i farmaci e ridurre i tempi di risveglio.

 

 

Fine Intervento e Risveglio

Al termine della procedura chirurgica, le infusioni di Propofol, Remifentanil e dei vapori anestetici, vengono sospese. L’estubazione, per tutti i pazienti, avviene in sala operatoria, previo raggiungimento del valore di TOF superiore al 90%, e un volume corrente di almeno 5 ml/kg. L’osservazione e il monitoraggio postoperatorio si svolgono in sala risveglio. Ad un’ora dal termine dell’intervento ottimizzata l’analgesia (NRS <a 3) si esegue un controllo emogasanalitico arterioso in aria ambiente,viene valutata la frequenza respiratoria e controllati i drenaggi: se le condizioni permangono entro i criteri citati nella seguente tabella il paziente viene inviato in reparto, altrimenti veniva riconsiderata l’ipotesi in ICU.

 

Decorso Post-Operatorio

Nel corso della giornata il Neurologo rivaluta il grado di compenso del paziente, lo stato della muscolatura bulbare e se lo ritiene opportuno può riconsiderare in accordo con l’anestesista il trasferimento in UTI. Vengono raccolte informazioni riguardo l’analgesia post-operatoria (NRS) la supplementazione di farmaci analgesici , le problematiche insorte durante la degenza post-operatoria (Crisi Miasteniche, insufficienza respiratoria, eventi cardiovascolari, complicanze infettive o chirurgiche, trasfusioni, plasmaferesi), l’eventuale invio in ICU e le motivazioni, la rimozione dei drenaggi,i tempi di degenza in ICU e in ospedale.

I Nostri Risultati

Dall’analisi della nostra casistica (2004-2008) oltre il 90% dei pazienti operati di VATET prosegue il decorso post-operatorio in reparto chirurgico. Questi pazienti presentano un rischio tra 1’ 1 % e il 2% di poter ricorrere alla Terapia Intensiva. Su un campione di 40 pazienti sottoposti a due recenti tecniche anestesiologiche senza impiego di.curari abbiamo ricavato i seguenti dati:

– La procedura anestesiologica è durata mediamente 166 minuti, mentre il tempo chirurgico 136 minuti,

– il paziente si è risvegliato ed è stato estubato mediamente dopo 14 minuti al cessare della somministrazione dell’agente anestetico.

– La rimozione dei drenaggi toracici, avveniva nella prima giornata postoperatoria. La mediana dei giorni di degenza post-intervento e di 3 giorni per i pazienti dimessi in reparto e 4 giorni circa per quelli che hanno avuto la necessità di T.I.

– La valutazione neurologica post-operatoria ha definito in buon compenso oltre l’80% dei pazienti, mentre alcuni pazienti pur presentando lievi disturbi (2 pazienti ptosi palpebrale, uno rinolalia lieve, 2 pazienti diplopia e uno lieve faticabilità respiratoria con buoni parametri emogasanalitici) sono stati giudicati in compenso.

– Nessun paziente tra quelli inviati in reparto ha necessitato ricovero in UTI. La complicanza più frequente (11%) manifestatasi nel postoperatorio è stata l’anemizzazione post-operatoria. Questa complicanza è stata trattata con emotrasfusione. Tra le altre complicanze si segnala un’infezione alle vie urinarie, una Fibrillazione atriale, una pleurite e una polmonite.

Conclusioni

Nuove tecniche chirurgiche mini-invasive associate ad un’anestesia con farmaci a breve emivita e gas a bassa solubilità, il non utilizzo di miorilassanti rendono possibile il trattamento di pazienti affetti da Miastenia Gravis sottoposti a timectomia, con pochissime complicanze e tempi di degenza ridotti. L’obbiettivo di un decorso post operatorio regolare e controllato, ottenuto dalle cure di UTI, può essere oggi condotto con rischi accettabili e controllati e con maggior confort anche in reparto chirurgico.

 

CONFLITTO D’INTERESSE E FOUNDING

Gli autori dichiarano assenza di conflitto di interesse, potenziale o finanziario.

 

BIBLIOGRAFIA

 

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